venerdì 21 settembre 2007

anacoluto pencolante: un post in via di sviuppo

seguono estrapolazioni macabre in attesa di giudizio e di qualche ritocco.

nota per i palati fini: non siate esigenti, trattasi solo di deliri notturni.

nota per gli impressionabili: non leggete il resto.

*** Dolores ***

Vive, Dolores, o sopravvive, nella sua stanzetta al quinto piano, nell'appartamento che ha la luce delle insegne al neon e l'odore di un tempo che forse non è mai neanche esistito.
Trascina, Dolores, nell'esistenza piatta, solitaria, un corpo sottile e macilento, curvo sotto il peso di nessuno sa quanti anni, nascosta al mondo e dal mondo, nessuno la vede, nessuno la sente.
Aspetta, Dolores, il suono del campanello, i passi sulle scale.
Apre, Dolores, ma non è il principe azzurro, non l'inizio di una nuova esistenza, l'incontrarsi e il perdersi di occhi negli occhi, l'avverarsi di un sogno che fa paura anche solo ad esser sognato.
Solo il fattorino.
La solita pizza.
Solleva, Dolores, con entrambe le mani. E colpisce.
Non fa in tempo a pensare alla sua vita, il ragazzo, perché nemmeno si rende conto della morte che arriva.
Ha la forma di un fauno, la morte, col corpo di bronzo e la base di marmo. E gli occhi si appannano, il corpo si piega, la porta si chiude: alle sue spalle, sulla sua vita.
Trascina, Dolores.
Seziona, Dolores, le braccia sottili, le dita che ossute si muovono rapide, esperte, affamate. Quel corpo ha uno spasmo, ma è solo un momento e lei torna a tagliare, continua a piegare, a staccare, il suo cibo.
Si nutre, Dolores, e un poco sorride: in fondo la pizza non le è mai andata a genio.

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