martedì 30 settembre 2008

sottigliezze semantiche di una giornata di pioggia

in principio era la sfiga, e la sfiga si fece tanta, e tanta se ne fece, di sfiga.
ma in fondo, se uno ci pensa, la sfiga è solo un concetto mentale, come il peccato è negli occhi di chi lo vede, la sfiga è nel cu.. ma sto divagando, come al solito.
a volte non è sfiga, si tratta di cattiva organizzazione, malinteso, incomprensione, e ti trovi ad aspettare sotto la pioggia qualcuno che non verrà mai, oppure ti trovi a prendere il tram sbagliato perché quel qualcuno col quale avevi appuntamento ha sbagliato a darti il numero, malinteso, incomprensione, linea telefonica disturbata, lingua diversa, io intendevo due ore, non venti minuti.
e non puoi dire che è sfiga, dài, son tutte cose che con un po' di attenzione si possono evitare. contrattempi, va. chiamiamoli col loro nome: contrattempi. il contrattempo è una cosa che ti fa perdere tempo, non c'entra la sfiga, non disturbiamo questo nobile concetto.
voglio dire, se sei con la macchina e davanti a te c'è l'auto della scuola guida, non è mica sfiga, quella: è un contrattempo. poi se prendi e la superi risolvi il problema.
chiaramente, se sei con la macchina.
se sei in tram, e davanti a te c'è il tram della scuola guida, allora forse contrattempo è un po' un eufemismo.

giovedì 25 settembre 2008

brussella (post triste)

esistono due modi di scrivere un racconto triste, una canzone triste, un post triste, un sonetto triste o quello che vi pare triste.
il primo è il metodo classico, detto anche metodo graziani.
si parte dal titolo, che deve contenere la parola triste, possibilmente però come sottotitolo: ad esempio "napoli (post triste)" o "in morte di fratello giovanni (sonetto triste)" o "tosca (opera triste)".
poi se ne scrive il contenuto, facendo attenzione che si capisca bene che si sta scrivendo un post, una canzone, un poema, un'opera triste triste triste, triste triste triste, triste triste triste, triste, triste, triste come voi.

il secondo è un metodo meno diretto, ma altrettanto efficace. consiste nel raccontare una storia triste (o cantare una canzone triste, o sonettare un sonetto triste o operare un'opera triste), usando parole tristi, aggettivi tristi, sostantivi tristi, esclamazioni, interiezioni ed escoriazioni tutte tristi, avendo cura - però - di non usare mai mai mai la parola triste.

probabilmente avrete già capito che questo è un post triste, ma ho intenzione di scriverlo usando il secondo metodo, cioè raccontando una storia apparentemente felice, che però, a ben vedere, è triste.
tra l'altro, la difficoltà del secondo metodo risiede proprio nel portare il lettore alla tristezza, partendo da un evento positivo, qualcosa che mai saresti andato a pensare poteva finire in maniera così triste.

e vi voglio raccontare dell'altra sera, quando adalgiso si è invitato a cena da noi, dicendo che dovevamo festeggiare e brindare alla sua macchina nuova.
per farlo alla maniera belga, adalgiso aveva portato patatine, salsicce, noccioline, schifezze varie e un barile di leffe blonde da cinque litri.
io, per tenere alto il morale della serata, avevo anche preparato una mega fagiolata alla messicana.

è chiaro che tutti questi son eventi felici. la macchina nuova, gli amici, le salsicce, i fagioli, soprattutto i fagioli, son cose felici. però, ecco, quando uno si accorge di aver comprato un barile da 5 litri di leffe blonde che si può aprire solo con l'apposito perfect draft, quando gli altri non hanno altra birra in casa, e soprattutto quando vieni a sapere che l'apposito perfect draft costa appena 160 euri, ecco, lo stato d'animo cambia d'un botto, e si capisce come cambia, senza neanche il bisogno di mettercela, la parola triste.

lunedì 22 settembre 2008

come la prenderebbe il vostro capo se gli deste del figlio di puttana mentre lui ascolta da una cornetta non accuratamente agganciata?

il mio, non troppo bene.

mercoledì 17 settembre 2008

la misteriosa scomparsa di john doe

scrivo solo adesso, in questi pochi minuti di libertà che mi vengono concessi da dove sono rinchiuso: uno stanzino buio, stretto, con un tavolaccio per dormire e un angolino lurido dove espletare i miei bisogni.
non so se e quando questo mio messaggio vedrà mai la luce del sole, io stesso dispero di rivederla. ma la mia mano si muove affannosa e veloce, illuminata da quel che resta di una vecchia candela, per raccontare la storia di john doe, che ha rovinato la sua e le nostre vite, quel maledetto undici settembre del duemilaeotto.

il suo messaggio arrivò alle sette dell'otto settembre, ma naturalmente, in ufficio, lo leggemmo solo il mattino dopo.
Sto male, non vengo oggi al lavoro.

secco, telegrafico, senza dettagli né ulteriori richieste.
un messaggio come un altro, nessuna preoccupazione: 8 settembre, johnny non viene al lavoro. càpita, è normale.
l'8 settembre il telefono di john ha squillato tutto il giorno, ma nessuno ha risposto.
la preoccupazione nei nostri cuori è diventata angoscia, a sera, quando johnny non rispondeva neanche al citofono. l'amica gertrude aggiunse angoscia ad angoscia, preoccupazione a preoccupazione: la sua telefonata con john si era conclusa, la sera del 7 con un Ti lascio, sto troppo male, e la stessa gertrude che non capì il resto, perché troppo biascicato.

la polizia ci disse che avremmo dovuto attendere 48 ore, prima di denunciare formalmente la scomparsa. nessuno di noi aveva il cuore di chiamare i genitori di johnny: e se ci fossimo sbagliati? restammo ancora un giorno in attesa, con l'ansia che cresceva e bloccava sonno e respiro.

il secondo giorno, il telefono di john era ancora muto. un silenzio spezzato a cadenza regolare da un fin troppo eloquente tuuuu.
disperati, folli, ci rivolgemmo al boss, il quale, senza esitare, autorizzò il proprietario del residence a entrare e controllare.
l'attesa fu lunga, estenuante, straziante. tutti temevano il peggio.
luke sapeva che john era morto, glielo potevi leggere nelle lacrime che non aveva versato. ma non avrebbe mai osato dirlo, perché anche se era un duro, si aggrappava alle ultime gocce di speranza come un naufrago al suo pezzo di nave.
il terzo giorno, quando il suono del telefono ci fece sobbalzare dal torpore pessimistico nel quale ci eravamo rinchiusi, fred si fiondò sulla cornetta come un invasato.
pendavamo dalle sue labbra.

è in casa.
è vivo.

l'angoscia lasciò il posto al sollievo.
il sollievo alla gioia.
la gioia alla rabbia.

cristo john, ma perché cazzo non hai mai risposto al telefono?

a sera, io e luke passammo all'emporio del vecchio stanford, ma c'era il figlio. prendemmo quello che dovevamo prendere, poi andammo a farci due birre, in silenzio, pregustando il domani, il momento dell'incontro, mischiando il futuro piacere al presente rossore del doppio malto.

la mattina dell'undici settembre, anche gli altri avevano avuto la nostra stessa idea, ma la polizia non volle sentire ragioni. ci portò tutti dentro, ci rinchiuse in questo cesso dal quale sto scrivendo adesso, e buttarono via la chiave. a nulla valsero le nostre spiegazioni, a nulla valsero i cinquecento pezzi da dieci che passarono sottobanco dalle nostre alle loro tasche.
john doe è morto, l'undici settembre.
caduto sotto i nostri colpi, sotto le nostre spranghe e le mazze da baseball comprate la sera prima all'emporio del vecchio stanford.
john doe è morto, perché ci aveva fatto incazzare come delle iene.

lunedì 15 settembre 2008

senape: il blog più amato da maccio capatonda*

in occasione del mio scorso compleblog, avrei voluto pubblicare questo post, ma come mi si faceva giustamente notare, questo blog può e deve festeggiare principalmente noncompleanni. pertanto, beccatevi questa.

senape intervista siocchezze.
tutta la verità sul blogger, l'uomo, il saltimbanco, l'agrimensore.

senape: siocchezze. nome vero o nome di fantasia?
siocchezze: nome vero. ma per depistare ho scelto un nome di fantasia, michele arciprete, che fa molto teo-con-radical-chic.

s: cosa fai nella vita?
s: il blogger. è un lavoro durissimo, richiede impegno e abnegazione. è anche una cosa costosissima, checché se ne creda. pensa che per poter fare questo lavoro, alcuni miei fan mi pagano uno stipendio. naturalmente, per motivi fiscali non dichiaro nulla, ovvio.

s: hai molti fan?
s: moltissimi, non immagini nemmeno. e poi donne, donne, donne. non sono più libero di uscire di casa. mi riconoscono dappertutto, mi offrono e mi si offrono dovunque io vada.
s: beh, non mi sembra male.
s: scherzi? io ho fatto voto di castità e purezza. a casa non ho neanche il bidè, strumento del demonio. lo so, lo so, la chiesa ne ha approvato l'uso purché non si indugi, ma che ci vuoi fare, io preferisco non rischiare.

s: capisco. com'è il tuo rapporto con gli altri bloggerz?
s: ora ti confido un segreto: in realtà non esistono. in tutto i blogger saranno 3 o 4. io per esempio sono il ghost writer di un'infinità di altri blog. conosci placida signora? sono io. e il 90% di quello che scrivo lì sono minchiate, ma tanto chi vuoi che se ne accorga? sono storie così pure e fantasiose, a nessuno verrà mai il ghiribizzo di controllare.

s: incredibile! questo sì che è uno scoop!
s: e ti dirò di più: hai presente la rubrica "soltanto oggi" di secondo piano? sono tutte mail che mando io. tra parentesi catriona è mio cognato carmine, abita vicino a scampìa e non ha mai letto un libro in vita sua.
s: succoso! hai altri scoop del genere?
s: mmm, non vorrei infangare la reputazione di nessuno, sai.

s: eddài, qualcosina-ina-ina?
s: oh, se proprio insisti! paul the wine guy e canemucca sono la stessa persona, e hanno scritto loro il libro dei fincipit. èio, in realtà, è di teramo, e lavora per una fabbrica di insaccati. controlla la qualità dei budelli per salsicce. neanche lui ha mai scritto una riga di quello che c'è sul suo blog e, tieniti forte... non ha un cane! stark pure non esiste, è sempre mio cognato carmine.
s: oh mio dio! e chi è che scrive per il signor èio?
s: guido catalano. che in realtà è anna chiara, di strepitupido. eh, caro mio! se solo non ci si fermasse alle apparenze, se ne scoprirebbero di cose!
s: sono senza parole. prima di salutarci vorresti dirci quali sono i tuoi progetti per il futuro?
s: al momento sto lavorando con il cern di ginevra.
s: quello dove fanno le ricerche sulla fisica delle particelle?
s: baggianate! in realtà fanno sperimentazione musicale. il loro ultimo progetto è un rap informativo, cercano di fare chiarezza sui testi di pasquale panella. la musica è mia.
s: complimenti, sei una sorpresa continua. e speriamo che il secondo anno sia migliore del primo!
s: grazie. e tante care cose.



*maccio capatonda afferma di non avere mai letto il mio blog, ma mi concede ugualmente l'utilizzo improprio della sua immagine.

venerdì 12 settembre 2008

di come la vita (e relativi blog) di certa gente è appesa ad un filo

che non sempre uno ha qualcosa di intelligente da scrivere.
che se uno vuole fare bella figura, perché il suo quaderno pubblico di cazzate (qpc) fa il compleanno, inizia a sentirsi sotto pressione e se quel qpc lo leggono e lo apprezzano (se non tanti, almeno buoni) poi è normale che la creatività va a farsi fottere.
che io ho anche un lavoro, un esame da preparare, un cane da coccolare e una fidanzata da accudire e neanche posso stare tutto il giorno a leggere e bocciare post inviatemi via mail.
quindi tagliamo la testa al puorco e qualche cazzata, una qualunque, la scrivo io (che da tanto che non posto pensieri e immagini porno).

del puorco non c'è molto da dire:
sa fare tante cose, quasi tutte male.
potrebbe essere un grande chitarrista e non lo è.
potrebbe essere un grande violoncellista o un grande baritono e non è nessuno dei due.
potrebbe farsi una barca di sordi dipingendo acquerelli e friggendo cappelli, non fa né l'uno, né l'altro.
ah, quante belghe avrebbe potuto portarsi in quest'ultimo anno e mezzo? no, il puorco fa sesso a stagioni alterne sempre con la stessa donna.
avrebbe almeno potuto togliere questo fastidioso virus dal mio computer, che mentre scrivo mi attiva la tastiera UK e mi sfancula tutta la punteggiatura *ecco, appunto(

insomma, si è capito: questo non è il solito post in cui l'amico prende per il culo l'altro amico, così per scherzare un po'.
non illudetevi, se avevate curiosità di conoscere la vita, i pensieri e le opere del puorco, ora siete di fronte all'amara verità.

michele andrebbe abbattuto, se non fosse per quella cosa:
è la meglio persona che conosco.

martedì 9 settembre 2008

iffim ppiubbello demmonto

attenzione: di seguito viene rivelata del tutto o in parte la trama dell'opera

joanna è una donna sulla quarantina, con un figlio e un matrimonimo fallito alle spalle.
un giorno, sulla statale, taglia drammaticamente la strada a uno con un suv nero, il quale, anziché jastemmarle i muorti di chi ll'è mmuorto, come un qualunque guidatore che si rispetti, si preoccupa di
1. inseguirla per la statale spaventandola a morte
2. segnarsi il numero di telefono di casa che ella aveva precedentemente azzeccato al lunotto posteriore
3. iniziare a molestarla telefonicamente

tra le altre cose, ad esempio, una sera il tipo si diverte a squarciarle una ruota della macchina, e joanna, uscita tardi dal lavoro (alle due del mattino, fa la cassiera in un pub), chiama l'ex marito, il quale arrivato tempestivo come una colica, si accorge - sorpresa delle sorprese - che la ruota non è più bucata.

prima di fare una bella denuncia, joanna aspetta che il maniaco faccia saltare in aria l'auto di sua madre, riducendo la povera donna a un vegetale, poi che gli entri di nascosto in casa, distruggendole praticamente tutto. l'astuto detective, prima di considerare la possibilità effettiva che il maniaco esista, insinua Ma non è che gnente gnetne suo figlio di 10 anni si droga? sa com'è, a quell'età, coi genitori divorziati...
tuttavia, dopo qualche sherlockholmesiana deduzione (il figlio dalla zia + età 10 anni + casa completamente distrutta a partire dai quadri = forse non è stato lui) il detective si convince, e joanna e figlio vengono inseriti nel programma di protezione molestati, ricevendo in omaggio una maglietta e una trousse da viaggio.

neanche traslocano che la migliore amica di joanna riceve la classica telefonata: Salve, io sono l'altro poliziotto, numero di matricola 81534, il collega del detechive john. quello alto e brizzolato.
Chi, quello che somigliava a george clooney?
Proprio io. che siccome che ho perso il numero di telefono del detective john, non è che mi potrebbe dire dove sono andati, e, magari, darmi anche il numero di cellulare della sua amica? sa, non posso mica chiedere in caserma, che figura ci faccio?
che ve lo dico a fare: tutti abbiamo una migliore amica cerebrolesa, la cui risposta è ovvia e scontata: Certo, il numero di joanna è 555-4135, e la può trovare a via delle frittelle gommose, al gugliel motel.

va da se che la prima sera, con animo fausto e leggero, joanna si reca normalmente a lavoro, lasciando il figliuolo nel motel superprotettissimo: una stanza a piano terra, con una vetrata talmente grande, ma talmente grande che pure ray charles li avrebbe visti.

ovviamente, joanna, viene chiamata dal maniaco anche sul posto di lavoro, che le dice Ma che begli orecchini, che hai! e poiché un povero cristom neanche cinque minuti prima aveva osato offrirle da bere, lei chiama il detective john e fa arrestare lo sfigato.
Eccolo lì, quello seduto al bancone che mi guarda e sorride.
Ne è proprio sicura?
Certo, detective john, è proprio lui.
Ma ne è sicura sicura?
Sì, detective john, non vede l'occhio da maniaco? I capelli da maniaco e le orecchie a punta da maniaco?
Ma ne è proprio sicura sicura sicura?
crishto john, se me lo chiedi un'altra volta quello se ne scappa! non vedi come mi guarda e sorride? tipico comportamento da maniaco! e poi c'ha pure il cellulare, non può che essere lui! maniaco!
Va bene. Signore, la prego mi segua in centrale.

Ovviamente nessuno si era premurato di controllare l'auto: il povero sfigato aveva una duna station wagon.

Intanto, il maniaco originale, travestito da ragazzo delle pizze, le rapisce il figlio.
joanna, alla fine del suo durissimo turno di lavoro, come tutte le persone sane di mente, anziché correre dal pargolo, solo in un motel, torna a rompere i coglioni all'ex marito, sempre alle due del mattino, il quale stava tranquillamente trombando con la ventenne di turno.
segue scenata di gelosia-rabbia-delusione-tu-non-mi-hai-mai-capita-e-se-non-te-la-davo-era-solo-per-il-tuo-bene e, joanna, piangente e gemente in questa valle di lagrime, torna al motel, per scoprire che
1. dalla pizza ai pepperoni-formaggio-salami-scamorza-carciofini da 12 dollari e 50 manca solo una fetta.
2. il figlio è stato rapito
3. il maniaco la aspetta fuori, mangiando la fetta di pizza mancante.

ora, non per essere pignolo, ma se joanna è tornata verso le tre, e il ragazzino ha ordinato la pizza - diciamo a un orario decente, che so - le 9 di sera, ma 'sto cazzo di maniaco che è? un ruminante? sei ore pe' magnà na cazzo di fetta? chiedo scusa, non volevo distrarre dalla trama.

per farla breve, il maniaco le ordina di buttare il cellulare e seguirla con la macchina, sennò uccide il marmocchio, e la porta in mezzo alle montagne rocciose (o qualcosa del genere), dove le chiede di implorarlo.
joanna è distrutta, Farò tutto quello che vuoi, ma lascia stare mio figlio! e lui, ancora, Supplicami!
lei supplica, e mr manic monday - lo giuro sul cane di antonio - dice Gnè gnè.
e le spara.
Davvero, eh, le sue parole sono state esattamente Gnè gnè.
solo che il proiettile viene attutito dal prodigioso vetro della portiera sinistra della macchina di joanna™, e la donna, fintasi morta, assesta un calcio rotante al maniaco che era andato a sincerarsi del decesso.
dopo il rituale scambio di calci-pugni-graffi-tira-spingi-afferra-scappa, una strisciante joanna riesce a impossessarsi dell'arma (avevate dubbi?), e cerca di far paura allo squilibrato, Chi comanda adesso, eh?
tuttavia la manzoniana compassione di joanna la spinge ad intrattenere quell'amabile conversazione con uno psicopatico, tipica di ogni buon cittadino americano, nonché presente in ogni thriller che si rispetti, chiedendo Ma perché fai tutto questo? e lui, incazzato nero, le urla
Mi hai tagliato la strada!
poi un proiettile parte per sbaglio e gli fracassa una spalla.

la non più giuovine ma ancor trombereccia mammina, convinta che tutto sia finito, corre ad abbracciare il suo figliuol, ma mr gnè gnè ne ha ancora: si rialza, entra nella macchina di joanna (che non parte subito, un giorno mi dovranno spiegare perché) e le si dirige incontro cercando di ucciderla.

joanna, nel panico più totale, riprende la pistola e dopo quattro colpi quattro, di cui 2 nel cofano, uno nella freccia anteriore destra e l'ultimo a vuoto, fa esplodere la macchina. neanche nel cofano ci fossero stati una decina di chili di c4, una mezza di chilata di tritolo e setteotto cassette di dinamite.

fine.

voto imdb: 8 stelline su 10
voto 35mm: 4 stelline su 5
io l'ho detto che è iffimm piùbbellodemmonto.

venerdì 5 settembre 2008

dei delitti e delle pene

secondo me, tutti, almeno una volta, davanti a una ingiustizia, avrebbero voluto fare i supereroi o anche solo gli eroi, o anche solo i super, non stiamo qui a sottilizzare.
quella cosina che va oltre l'aiutare la nonnina ad attraversare la strada o aiutarla a scendere dall'autobus.
quella cosina un po' fuori dell'ordinario, che poi la gente ti guarda ammirata, che la bella figliuola ti sorride, che fa annuire l'anziano e distinto signore.

io ieri ho perso questa occasione.
c'era un'ingiusitiza proprio ingiusta, davanti a me, e io me ne son stato zitto e fermo.
erano almeno in quattro, perché erano seduti di fianco a me, in mensa, ma probabilmente erano molti, molti di più, sparsi qua e là per la sala.
io avrei voluto prenderne anche solo uno, afferrarlo per la testa, e sbatterlo più e più volte con la faccia nel piatto, urlandogli contro tutta la mia rabbia e il mio disprezzo, ma non ci sono riuscito, e mi sono sentito un vile.
niente sguardi ammirati, niente bella figliuola che mi sorride, niente anziano e distinto signore che annuisce.

intanto il crimine è rimasto impunito e molti continueranno ancora, indisturbati, a perpetrarlo: non riuscirò mai a impedire ai belgi di mangiare gli spaghetti con forchetta e coltello.



mercoledì 3 settembre 2008

il n'y a pas de sot métier

indipententemente dalla propria attività lavorativa, ogni individuo sano e coscienzioso dovrebbe apprezzare e rispettare la propria deontologia.
rispettare il proprio lavoro significa, infatti, rispettare i propri clienti e questo ci fa progredire tanto professionalmente che personalmente; naturalmente, questo discorso vale sia per i lavoratori autonomi che per quelli dipendenti.

pertanto, che tu sia chirurgo plastico, operatore ecologico, becchino, eiaculatore di tori, insegna vivente, inturgiditore di capezzoli di jennifer lopez, non importa: fai il tuo lavoro con gioia e abnegazione, rispettando te stesso e il prossimo. trarrai soddisfazione e tornerai a casa appagato, la sera.

senza contare che in questo modo, infine, potresti evitare tante spiacevolezze, come ad esempio le mie e le altrui maledizioni per averci fatto fare tardi. perché - sempre a titolo di esempio - se tu sei un autista del pubblico trasporto brussellese, non è deontologicamente corretto percorrere una strada deserta, a venti kilometri all'ora, tutto accostato sulla destra, solo perché la signorina in bicicletta che ti precede ha un bel culo.

martedì 2 settembre 2008

questa non è un'esercitazione

mail ricevuta stamattina, ore 11.05.
la traduco, ma giuro sulla testa di anonimo-antonio che è tutto vero. se non ci credete, lo giuro pure sulla testa del cane di anonimo-antonio.

da: gruppo sicurezza
a: tutto i dipendenti di interni ed esterni, i consulenti, i lavoratori in nero e i figli della schifosa

oggetto: chiusura eccezionale della mensa aziendale
carissimi,
a seguito di un lieve incendio che ha devastato i locali della cucina, la mensa resterà chiusa oggi, fino a data da destinarsi.
non preoccupatevi, l'intervento tempestivo della sicurezza e dei vigili del fuoco ha messo le cose a posto e adesso non ci sono più problemi per la vostra sicurezza. l'unico fastidio che forse neanche tutti noteranno, è questo lievissimo odore di plastica bruciata che non è manco per niente cancerogeno.
buon appetito

ps: per oggi avevo pronto un altro post, forse lo pubblico dopo, forse domani, forse mai più.

lunedì 1 settembre 2008

del come la sbadataggine di certi individui possa drammaticamente ridurre la qualità della vita di altri

la cosa più divertente degli scorsi europei di calcio, è stata giocare a frisbee al parco.

uno di quei pomeriggi mario portò con sé irina, una ragazza russa che gli aveva chiesto ospitalità per qualche giorno (i giorni sarebbero diventati settimane, poi mesi, ma questo mario ancora non lo sapeva, e in ogni caso non è di questo che volevo parlare), prima di andare a vivere insieme al ragazzo, un italiano che abitava a brussella da qualche anno (con altre due ragazze, ma anche questo mario non lo sapeva, e - a quanto pare - non lo sapeva neanche irina ma, come prima, non voglio parlare neanche di questo).

entusiasmata dalle nostre evoluzioni frisbiane (o frisbiesche, non so come si scrive), irina propose di incontrarci anche qualche giorno dopo, stavolta per guardare la partita della russia.

a sera, però, il mio illustre coinquilino ersilio era un po' perplesso dall'andamento dell'organizzazione. il giovane mario si era preso cura di inviare messaggi e-mail a tutti, ma l'amica irina, (forse un po' ingenuamente, o forse con una punta di malizia)(ma che vado a pensare!) aveva contattato lui e solo lui, ersilio, avendo cura di fargli ben comprendere tutti i dettagli dei suoi spostamenti, e per sicurezza dargli anche il suo numero di telefono.

io ho cercato di tranquillizzarlo, dicendogli che non aveva nulla da temere né di cui preoccuparsi: una ragazza russa che ti scrive cinque o sei mail in una giornata, che ti manda il suo numero cellulare e che pretende il tuo, non può assolutamente avere cattive intenzioni, vuole solo venire a letto con te.
ersilio era sconvolto proprio da questo: se la sua ragazza avesse anche solo lontanamente immaginato che un altro essere umano di sesso femminile si era avvicinato a lui, gli avrebbe fatto passare un brutto quarto d'ora, e poi un altro, e poi un altro fino a fargli passare un brutta settimana, di quarto d'ora in quarto d'ora.

va da se che sono stato a prenderlo per il culo quasi due giorni: è solo un messaggio, non siamo precipitosi... d'altra parte le ragazze dell'est... ma non bisogna fare i qualunquisti... però perché solo a te... e amenità del genere.

la sera della partita, poi, credo di aver dato il meglio di me in quanto a ars perculeggiandi, raggiungendo il climax con una splendida Ma vuoi che resti qui? preferisci andare solo?

credo che ersilio abbia dato il meglio di se, non reagendo mai a nessuna delle mie provocazioni, e - tuttora - non so spiegare tanto aplomb.

chissà, forse il sesto senso, forse una premonizione, forse la giustizia divina che ha voluto premiare la santa pazienza di ersilio, regalandogli la migliore delle vendette: col più candido dei sorrisi irina mi si è avvicinata e mi ha salutato con estrema dolcezza e calore: Ciao ersilio!