martedì 31 marzo 2009

momenti di condivisione letteraria frammisti a giudizi estetici neanche troppo malcelati

volevo scrivere un post su un libro.
un libro che ho letto qualche giorno fa, un libro così brutto, ma così brutto, che mi son detto quasi quasi ci scrivo su un post, su questo libro, ché è un libro così brutto, ma così brutto, che non ci son parole per dire quanto è brutto questo libro.
poi ho iniziato a scriverlo, il post, e mentre scrivevo pensavo alla storia, brutta, alla prosa, brutta, alla grammatica, brutta, all'ortografia, brutta e pensavo che era un libro così brutto che pure il mio post stava diventando brutto, per osmosi.
e allora mi son detto, ma perché?
è un libro così brutto, gli vuoi fare pure pubblicità?
perché lo so certe cose come vanno a finire: uno dice: guarda, è un libro troppo, ma troppo, ma veramente troppo brutto non te lo leggere che perdi solo tempo.
e quello dice, ma dai, può mai essere così brutto?
e tu dici sì, sì, è proprio brutto.
e allora quello dice ma no, non ci posso credere, ora me lo leggo anche io e vediamo, ché secondo me tu sei troppo critico.
e va a finire che quello se lo legge per davvero, e io non lo posso avere sulla coscienza.
soprattutto, non potrei sopportare che un'altra persona avesse letto quel libro così brutto.

lunedì 30 marzo 2009

capendosi

se fossica rimandofi, assunto ripo danti, com'è, come non è,
ho preso e fatti in tanti, venti, trenti
o più che mi, se non contenti, i poi contanti.

avercene, si disse, di dà dir del denaro dondolando in dì per da:
ma chi che fu cafà? se non si fa non ha.

essù, mo non far tu che so che sai, ma non vorrai.
verrei, vorrei, e più che mai saprei.
ma vi ne va, eppersene con madide
che videro, capinero e senza indugio appìnero.

segue.

venerdì 27 marzo 2009

e mo...







che facite, avutate a'faccia n'ata vota?

giovedì 19 marzo 2009

la domanda è malposta

ieri paparazzo ha detto un'altra minchiata delle sue.
non sto qui neanche a riportarla ché se la sapete è bene, ma se non la sapete è pure meglio (ma tanto la sapete, la sapete).

sta di fatto che la minchiata di cui ieri ha avuto un'eco talmente ampia (un letterato si riconosce dal fatto che aggiunge aggettivi femminili a eco, e non se ne vanta), una roba che ha fatto sbellicare pure i canadesi che - notoriamente - se ne infischiano di certe minchiate.
io però ci avrei una domanda.
cioè, io me medesimo mi domando: ma lui, il paparazzo, che ci guadagna da queste minchiate?
si badi, è una domanda seria.
davvero, perché lo fa (disperato ragazzo mio)?
e mi vengon delle ipotesi che si eliminano da sole una per una.
partiamo, ad esempio, dalla carità cristiana.
uno che gira vestito in quel modo, non può stare seriamente a pensare alla carità cristiana. è poco credibile.
è più probabile che rifletta su quale tonalità di rosso prada s'intoni meglio allo smalto (ma questa è un'altra storia).
quindi no, niente carità cristiana.

ridicola pure l'ipotesi della buona fede e che voglia fare del bene.
uno che davvero vuol fare del bene al prossimo fa un lavoro vero, mica fa il papa, il re, o il presidente del consiglio. e, soprattutto, non lo fa sparando minchiate.

superfluo anche parlare di morale. ché se gli premeva la morale, almeno una volta nella vita, avrebbe potuto spendere due parole di conforto per tutti quei poveri bambini inculati abusati dai preti. invece manco per il ciufolo.
niente, nemmeno questa va bene.

ma allora perché lo fa? che ci guadagna? (perché bisogna pur badare ai profitti, mica si diventa lo stato più ricco del pianeta per opera e virtù dello spirito santo?)

soldi? potere? fama e gloria?
ok, ma dove? in africa? tra quei morti di fame (in tutti i sensi)?
no, no, non mi convince.

secondo me, si scoprirà che paparazzo è un testimone di geova, un rabbino, un valdese, un dianetico, un klingon. qualcos'altro, insomma, sennò non si spiega tutto questo accanimento nell'allontanare la gente dalla religione cattolica.

mercoledì 18 marzo 2009

too much love wiill kill you

lo cantavano brian may, prima, e freddie mercury, poi:

too much love will kill you,
just as sure as none at all
me ne devo ricordare, la prossima volta che annaffio le piante.

giovedì 12 marzo 2009

non di solo pane

forse il libro che amo di più è i miserabili.
non sto qui a spiegare i perché e i percome, ma è un libro che mi è rimasto dentro, marchiato a fuoco.
uno di quei libri che dopo che li hai letti vorresti ricominciare da capo, perché altrimenti ti lasciano dentro un senso di vuoto che non sai più come riempire.

ad ogni modo, c'è un passo del primo capitolo, in cui s'introduce un vescovo, monsignor myriel, che non è importante ai fini della storia, anzi, probabilmente chi ha letto il libro nemmeno se ne ricorda, ma io ci penso spesso, a monsignor myriel, soprattutto quando guardo la tv.
monsignor myriel era uno un po' libertino, ex nobile, che diventa prete dopo un viaggio in italia, e poi viene fatto vescovo da napoleone in persona grazie (o a causa) di una sua risposta arguta.
e c'è questo passo, nel primo capitolo, in cui si parla delle visite parrocchiali del monsignore:

quella di Digne è una diocesi faticosa; ha pochissime pianure e molte montagne, e manca, come si è visto testé, quasi affatto di strade; vi sono trentadue parrocchie, quarantun vicariati e duecento ottantacinque succursali. una faccenda seria visitare tutto; ma il vescovo ne veniva a capo e andava a piedi, nelle vicinanze immediate, in carretta nella pianura e a dorso di mulo in montagna. [...] un giorno giunse a Senez, che è l'unica città vescovile, a cavallo d'un asino, poiché la sua borsa, affatto all'asciutto in quel momento, non gli aveva permesso un altro equipaggio.
il sindaco della città andò a riceverlo alla porta del vescovado e lo guardò scendere dall'asino con uno sguardo scandalizzato; alcuni borghesi, intorno a lui, ridevano.
«Signor sindaco e signori,» disse il vescovo, «vedo che cosa vi scandalizza. Voi state pensando che è soverchio orgoglio, per un povero prete, montare quella cavalcatura che fu già di Gesù Cristo; ma v'assicuro che l'ho fatto per necessità e non per vanità.»
non so perché, ma mi viene in mente questo passo ogni volta che vedo le scarpine rosse di prada e la stola d'ermellino di paparazzo.

lunedì 9 marzo 2009

se lo vuoi con forza non è un sogno

la libertà, quella vera, si raggiunge solo con la rivoluzione.
capita spesso, infatti, di ritrovarsi in situazioni che definiremmo ordinarie, banali, ma che - analizzate con un minimo di senso critico - ci mostrano tutta la loro forza e la loro importanza; e, con voce dolce e antica, ci raccontano la loro storia e il loro passato. ci parlano di lotte, di sconfitte e di vittorie, ci parlano di un grande sacrificio che ha richiesto costanza e abnegazione. sono piccole, sono grandi: sono le nostre conquiste, quelle che ci proiettano in una nuova dimensione di luce e ci spingono un passo più avanti sul lunghissimo cammino dell'evoluzione e dell'emancipazione.
all'inizio si è in pochi, poi, piano piano, qualcun altro fa proprie queste conquiste e ci si ritrova in un paese dove non esiste più la schiavitù, le donne possono andare a votare, le persone possono dire quello che pensano.

lo so, questi sono grandi esempi, ma una grande conquista parte da una piccola rivoluzione.
un piccolo passo, un gesto contro corrente, e la rivoluzione comincia. anche involontariamente, l'importante è volere.
se lo vuoi con forza non è un sogno.

poi ti svegli un giorno, in un paese non tuo, e ti rendi conto che tante piccole libertà, che a stento ti mancavano nel tuo paese, sono lì, a portata di mano.
nessuno che ti dica come fare o come non fare.
nessuno che ti obblighi.
sei libero, sei veramente libero di osare, di fare tua quella che è stata una conquista di chissà chi altro, di chissà quanti anni fa: sei libero perché qui è permesso, è naturale, è ovvio.
qui.
è ovvio.
è ovvio salvare un file word con ctrl+s.
qui non c'è (o se c'era è stato ucciso) quel cerebroleso che ha scelto ctrl+shift+f12 nella versione italiana.

mercoledì 4 marzo 2009

lost in translation

si potrebbe pensare che il contrario di dignità sia una parola come spregevolezza o indegnità (per quanto piuttosto bruttina, esiste).
tuttavia credo che ridicolo possa ritenersi - all'uopo - un buon contrario.
chi non ne fosse convinto, faccia un semplice esperimento.
si procuri come meglio crede un film come shining, fuga per la vittoria, arma letale, rambo o anche un episodio di un qualsiasi serial tipo csi o simili. insomma, avete capito: prendete un bel pezzo di cinema o televisione mmeregana e ascoltatelo. anche se non capite l'inglese, poco importa.
dopodiché prendete lo stesso spezzone e riguardatelo doppiato in italiano.
potrebbe piacere o non piacere, ma - a mio avviso - un ferruccio amendola che dà la voce a stallone o un claudio sorrentino nei panni di mel gibson o cogliere la follia nella voce di giancarlo giannini che chiama wendy! hanno la loro dignità. (anche se in questo caso dignità è un po' riduttivo, visto che darei il braccio destro di antonio per avere la voce di giancarlo giannini, ma è un altro discorso)
no, l'esperimento non è finito.
per dimostrare che il contrario di dignità è ridicolo dovete riprendere gli stessi spezzoni degli stessi film mmeregani e riascoltarli, non una, ma due, tre, cinque volte.
riascoltateli.
in francese.