venerdì 29 maggio 2009

the matrix, reloaded

conobbi anacleto in una libreria italiana qui a brussella.
più giovane di me di qualche anno, se non ricordo male, credo lavori per le istituzioni, perché veste sempre in giacca e cravatta, cosa che - inevitabilmente - lo invecchia.
è un tipo a posto, anacleto, non troppo loquace, nemmeno taciturno. un tipo normale. ci siamo visti in un altro paio di occasioni, ma la cosa singolare è che lo incontro sempre in aeroporto.
una volta l'ho visto qui a brussel national, un'altra volta a malpensa.
l'ultima volta, una quindicina di giorni fa, a fiumicino.
era in compagnia di un donnone biondo coi capelli corti, poteva essere sua madre. erano seduti al tavolino di un fast food: non volendo disturbarli sono andato un po' a zonzo per il terminal, comprato qualche libro, pensato ai fatti miei.
in fila per l'imbarco, li vedo davanti a me e, quando si gira e mi vede, io lo saluto.
- ormai ci si incontra più in aeroporto che in giro a brussel, vero?
lui mi guarda un po' stranito, la donnona sorride un po' più del necessario.
resto un po' perplesso davanti al suo silenzio. che abbia detto qualcosa di sconveniente? che l'abbia offeso in passato? che non si ricordi di me?
- sono michele, non ti ricordi?
a quel punto la telecamera ha fatto una rotazione di centottanta gradi sul nostro fermo immagine, poi la sua faccia, in una frazione di secondo, è stata ricoperta da quel blob nero e vischioso, il suo viso, coperto e trasformato, è diventato prima l'agent smith, che mi ha ghignato in maniera terrificante, poi di nuovo una macchia grigio-nera-lucida, infine, è tornato nuovo anacleto. tutto in una frazione di secondo.
ma ormai non era più anacleto, la matrice lo aveva trasformato nella sua proiezione olografica, era solo l'involucro, un simulacro della persona che avevo conosciuto io, a brussella in quella libreria al centro.
lo so per certo che non era più lui, perché il vero anacleto non mi avrebbe risposto mai i'm sorry, i don't speak italian.

mercoledì 27 maggio 2009

outing

non ho mai visto lost in vita mia.
e me ne vanto.

martedì 26 maggio 2009

un cane dalla coda a ciuffetti

io stamattina avevo in mente un bel post. ma bello bello, eh, non come le siocchezze che scrivo di solito, perché ieri mi è capitata una cosa bella, una cosa che quando ti capitano dici Oh, che bello, mi è capitata una cosa bella che adesso sorrido per tutto il resto della giornata, e allora volevo spendere due parole a descrivere questa cosa bella, magari senza scendere troppo in particolari, giusto la sensazione, e magari facendo anche qualche velato riferimento alla persona che mi ha fatto sentire di questo umore particolarmente gaio (ho detto gaio, maledetti, gaio!), che avrebbe capito solo lei (la persona che mi ha detto quelle cose che mi hanno fatto tanto piacere), senza svelarne l'identità (sempre della persona che mi ha detto quello che mi ha detto), soprattutto senza dirlo, quello che mi aveva detto e, last but not least, per la contentezza, avrei anche messo qualche punto in più in questa frase che non finisce mai.
io stamattina ero armato delle migliori intenzioni, ma mentre passavo per l'atrio, ho visto una cosa che proprio non era possibile, una cosa che la dovete vedere, ché se la racconto non ci si crede.

foto:




video:

lunedì 25 maggio 2009

le dimensioni contano

cosa succede se si viene foncati da un giorno all'altro?
la risposta in figura 1.


 fig.1



venerdì 22 maggio 2009

basta un poocoo di zucchero

la vita da singol ha i suoi pro e i suoi contro.
sicuramente positive sono quelle piccole libertà che ti prendi nell'amministrazione domestica: il parcheggio a lunga sosta che concedi ai piatti nel lavello (per una persona sola non vale mica la pena di fare la lavastoviglie), il livello di opacità che può raggiungere il parquet prima di passare il pannoceraappositochetelolucidamancofossestatoappenapiazzato, la distorsione nella curvatura spaziotemporale che altera il concetto di ora-di-cena.
tuttavia, prima o poi, mia moglie tornerà, e questo implica che vorrà trovare casa non dico come l'aveva lasciata (ho sposato una donna realista) ma quantomeno agibile.
quindi, di tanto in tanto, mi ricordo di avere una scopa, riscopro che il senso ultimo della lavatrice è lievemente diverso da "deposito panni sporchi" e mi rendo conto che - tutto sommato - l'acquisto di un ferro con caldaia non è stato poi tanto male.
di solito, questi desideri emozionali (sconosciuti o quasi, prima del matrimonio) esplodono in tutto il loro splendore nei weekend, quando guardando tutto ciò che c'è sul pavimento, mi domando come abbia fatto a non sentire l'esplosione.
allora, carico d'allegrezza e spensieratezza, e armato di detersivi all'aroma di buone intenzioni, mi agito, pulisco, strofino, raccolgo, spazzo, ramazzo, riordino, spolvero come una brava donnina di casa.
e imparo, tante cose, della pregevole arte del faire les ménages: d'accordo essere allegri, d'accordo canticchiare, ma mai, mai, mai, mai, fischiettare mentre tiri su lo sporco con la paletta.

giovedì 21 maggio 2009

procedere a velocità smodata

- signor sullo, mi dia la posizione
- capitano, ce l'ha sulla scrivania.
- bene. non la vedevo, era tra la tazza e il piattino.
mi dica, signor sullo, procediamo in abbondanza?
- no, signor capitano, le vacche sono magre e il corriere espresso non ci ha ancora consegnato il pacco.
- male, molto male, signor sullo.
- già.
- signor sullo, ha notato che siamo nello spazio cosmico?
- si?
- sì. come può un corriere espresso consegnarci qualcosa?
- non può, signor capitano.
- capisco. mi dica la verità, signor sullo: non c'è più speranza, per noi, vero?
- no, signor capitano, siamo finiti.
- finiti.
- finiti.
- signor sullo?
- signor capitano?
- amiamoci.
- sì, signor capitano.

martedì 19 maggio 2009

stream of consciousness

nel momento in cui ci pensi, senti come una fitta, che avvolge la certezza, scaraventa lontano la sicurezza e lascia ai tuoi piedi gocce di tristezza e malinconia. sussulto, di mano lontana che vorrebbe stringerti, solitario braccio che vorrebbe sorreggerti, manca l'aria, mancano le parole, solo sensazione di perdita di vuoto di triste leggerezza come di mancanza.
mi manchi.
era mattina, eri lì, adesso dove sei, chissà, e la sicurezza non basta alla luce dei fatti e i fatti smentiscono le parole i pensieri stamattina la mia sicurezza perduta il pensiero perduto: solitudine.
non sei, non ci sei, avevo bisogno di te stamattina, ho bisogno di te adesso, qui, al freddo di questo griogiore brussellese, di questa sera brussellese, al buio di questa giornata di fango e solitudine e tristezza e smog. ero sicuro, sicuro di me, di noi due, sempre insieme, inseparabili, perché? dove ho sbagliato, quando?
ti avevo, e ti ho ancora, perché non t'ho perduto, lo so, è solo un momento passeggero, solo una distrazione, ma pensarci adesso fa male, adesso, adesso fa male, adesso, da solo, adesso, sotto la pioggia, adesso, ho bisogno di te adesso.
ombrello dimmerda.

lunedì 18 maggio 2009

lost

nella mia immaginazione sento una voce che mi chiama.
la immagino chiara, forte, italiana, chiamare esattamente il mio nome.
nome e cognome, io, proprio io me medesimo.
immagino una voce di donna, di solito è una voce di donna, la immagino chiamarmi.
la prima volta dolce e suadente, poi la immagino decisa, infine autoritaria.
poi immagino delle persone, attorno alla voce, persone impazienti, persone stizzite.
immagino che alla terza, forse, quarta chiamata, la voce suadente e decisa abbia rinunciato, e immagino che abbia detto E sia.
lo immagino soltanto, perché la voce non l'ho sentita, ero fuori, fuori dall'aeroporto.
convinto che il volo fosse un'ora dopo.

venerdì 15 maggio 2009

il sentimento del sublime

Adoro Libero.
Mi piace sfogliarlo ma senza spaginarlo.
Mi piace guardarlo perfettamente ripiegato sul comodino,
come se fosse nuovo, ancora vergine.
Mi piace la compattezza delle pagine,
quando lo premo sul viso per sentire l'odore d'inchiostro.
Correrei in edicola ogni mattina, di buon'ora,
per essere il primo e scegliere la copia.
La mia deve essere senza sbavature, senza angoli tagliati male o linguette dentellate,
lucida, luminosa, perfetta.
Perfetta come il mio giornale.
No, non starei qui ad aspettare la copia sgualcita del marito di Assuntina, quando ormai è tarda sera.
Oh, giuro su Dio, non esiterei, non esiterei un solo minuto
se non fossi legato ad un cazzo di letto
in questo fottuto penitenziario che chiamano clinica.

giovedì 14 maggio 2009

un tram chiamato desiderio

a volte basta un gesto, una parola, un movimento fatto in un certo modo, per essere catalogati come un certo tipo di persona, etichettati e infilati in un reparto stagno della memoria.
diceva qualcuno che non avrai una seconda possibilità per fare una buona prima impressione.
in parte lo condivido, perché una volta che si è entrati nella celletta della memoria con l'etichetta minchione o simpatico o agrimensore, poi è difficile uscirne, chi ti ha catalogato si aspetta sempre che tu dica una minchiata, che tu sia simpatico o che tu tiri fuori di tasca un flessometro da un momento all'altro.
personalmente, mi sforzo di non catalogare le persone dalla primissima azione, proprio perché temo di farmi sopraffare dai pregiudizi.
metti stamattina, ad esempio, prendendo il tram. avrei potuto cedere ai pregiudizi sin dal primo momento, eppure non l'ho fatto.
il tizio che mi precedeva, salendo, indossava una camicetta a fiori, bianchi e rosa. e non ho pensato nulla.
sculettava, vero, ma comunque non ho pensato nulla.
aveva le scarpe da ginnastica a fiorellini, sempre rosa, in coordinato con la camicetta. ancora, non ho pensato nulla.
si è seduto davanti a me, ha incrociato le ginocchia, con grazia ha intrecciato le mani, fatto flap flap con le sopracciglia.
imperterrito, non ho pensato nulla.
leggevo, ogni tanto alzavo lo sguardo e vedevo che mi guardava.
non ho pensato nulla.
poi, parzialmente assorto nella lettura, ho visto con la coda dell'occhio che prendeva il cellulare, e con nonchalance mi scattava una foto.
è stato lì che ho pensato.
ho pensato a quanto devo essere figo.

mercoledì 13 maggio 2009

evviva la fisica, la metafisica, l'astrofisica e la patafisica.

il piacere della lettura non dovrebbe essere alterato dalle forme che possono prendere le parole. forma e sostanza dovrebbero fondersi autonomamente, e occhio e mente dovrebbero trarne il nutrimento e il sapore contemporaneamente.
non è sempre così, per questo le letture non sono solo amare, dolci, salate, acide, calde o fredde. sono anche buone o insipide o cattive o deliziose.
e lascia perdere i vari sommelier del libro che ti dicono che si sente un vago aroma di aghi di pino o un retrogusto di muschio posato sul lato nordest di un tronco d'acacia in un giardino di gladioli esposto al sole settembrino, quelli lo fanno per vedere chi scrive la recensione più lunga senza aver detto niente.
no, io sono un peracottaro della lettura, un sagneffaciularo della carta stampata, ho bisogno tanto del sapore genuino, verace, quanto della raffinatezza, ma esagerare.
a volte, però, mentre stai mangiando un libro che sa proprio di buono, ti capita di un boccone tristemente spiacevole, un sapore che non è cattivo, ma che c'ha quel retrogusto pesante che poi ti si ripropone sullo stomaco.

l'ultimo boccone che proprio non ho digerito l'ho assaggiato nella guida galattica per autostoppisti (ma chissà, forse era colpa della traduzione).
e non si trattava di un problema di abbinamento o di dosi, era proprio un errore grossolano, una roba come sale e caffè, margarina vegetale al posto dell'olio extravergine di oliva.
perché secondo me, in un libro di fantascienz-fisic-nonsense come la guida galattica, non puoi usare lunghezze per misurare i tempi.
non puoi dire "dopo un nientesimo di secondo luce" e pretendere che non mi vada di traverso.

lo so, molti penseranno che si tratta di una cosa da niente, un'inutile facezia, un peccato veniale, moltissimi neanche ci avranno fatto caso, eccheppalle, e come la fai lunga, e quanto sei noioso, e quest e quell e pure per te. evvabbè, d'accordo, sono io, è colpa mia, ma voi come la prendereste se vi dicessi che stamattina, in bagno, ci sono stato per 1.079.252.848,8 chilometri?

mercoledì 6 maggio 2009

tesi, antitesi, apostasi: favole x per bambini y

favola triste per bambini allegri
c'era una volta la regina del connecticut. si chiamava osteoporosi, e per questo non trovava marito.
osteoporosi desiderava un uomo forte e intelligente, che la sapesse comprendere ed apprezzare. un uomo in grado di soddisfare le sue esigenze senza accondiscendenza; un uomo virile ma dolce, fiero e innamorato. un uomo autoritario ma comprensivo, capace di prendere e di dare. fiero della propria indipendenza e capace di lasciarla libera ogni volta che osteoporosi ne sentisse il bisogno.
un uomo vivo, dinamico, senza se, ma con qualche ma.
osteoporosi trovò queste qualità in callisto, il principe del minnesota.
ma callisto era gay.

favola grassa per bambini magri
la piccola gioppina aveva mille amici immaginari. c'era aldo, il folletto dei gelati. c'era romoaldo, il folletto dei biscotti al cioccolato. c'era gesualdo, il folletto delle caramelle gommose. poi c'era castaldo, il folletto obeso delle corse in bicicletta.
gioppina amava giocare coi suoi mille amici immaginari, soprattutto perché questi ultimi le donavano gelati, biscotti al cioccolato, caramelle gommose e tanto amore.
un giorno gioppina, sotto una pietra lavica, scoprì un nuovo folletto, tutto rosso, con gli occhiali da presbite a variazione cromatica.
- e tu chi sei? - chiese gioppina
- sono il folletto dell'amicizia! - disse lui.
- e come ti chiami?
- non ho un nome, ma se vuoi, puoi chiamarmi dottor morte.
e in quel momento gioppina evaporò in una nube di anidride carbonica e vapor aqueo.

favola alta per bambini bassi
i vermi delle filande, si sa, non amano il polo. e non lo amano sia per colpa dei cavalli sia per colpa dei pinguini. i vermi delle filande, si sa, non amano il polo, ma alcuni di essi, in un luminoso pomeriggio d'autunno, scoprirono di non amare nemmeno la pesca.

favola secca per bambini umidi
- ce l'avevo, ma al mio editore non è piaciuta, e quindi niente.

martedì 5 maggio 2009

un altro mondo è possibile

Cari italiani e care italiane,
amici della maggioranza,
membri dell'opposizione,
alte cariche dello Stato,
questo è il mio ultimo comunicato in veste di Presidente del Consiglio di questa nostra Repubblica.
Con difficoltà ricaccio in gola le lacrime che spingono verso i miei stanchi occhi ché mi duole dal profondo del cuore lasciarvi, tradirvi in questi momenti così difficili per la Nazione tuttavia, posto dinanzi ad una scelta irrinunciabile, ho dovuto prendere la mia: lascio l'altissima carica della quale mi avete investito.
Un'automobile privata aspetta sotto questo palazzo e mi condurrà all'aereo dove il mio amore mi sta aspettando.
Partiremo, non sappiamo ancora per dove, ovunque ci porterà ci andremo insieme.
L'ho sempre amata, dal primo momento in cui l'ho vista, ho pregato il Signore perché mi facesse invecchiare con lei.
Sto invecchiando, sono invecchiato e non l'ho fatto con lei.
I giorni che mi restano posso solo consacrarli al nostro amore, alla nostra vita insieme.
Vi prego, perdonatemi se, tra l'interesse della Nazione e il mio amore, ho scelto quest'ultimo.
Non potrei fare diversamente.
E' con la tristezza di chi lascia tanti amici che vi saluto tutti, vi abbraccio ognuno, come il padre che oggi sento di essere.

S.B.

lunedì 4 maggio 2009

ce l'ho

alla fine, ho comprato lo smartofonino.
e fondamentalmente, l'unica caratteristica tecnica che lo differenzia dall'eeepc è la fotocamera a cinque megapixel.