mercoledì 24 giugno 2009

cuius regio, eius spinacio

certe storie non vorrebbero mai essere raccontate. vorrebbero rimanere sepolte nel cimitero della memoria, o impolverate sullo scaffale più alto della biblioteca del ricordo. tuttavia, qualche forza misteriosa, qualche delicato intrico del destino, porta alla luce questi episodi, e a quel punto non è più possibile resistere al desiderio di divulgarli.
ingmaro era un giovane artista guascone, un poveraccio, nato da genitori tedeschi con un occhio di riguardo per la svizzera, la svizzera verde.
sebbene modesto e parco, ingmaro avea lo vezzo astruso d'adoprarsi in singolari grammatiche, preferendo vetusti lemmi, inusitate et arzigogolate costruzioni per crogiolarsi della sua raffinatezza semantica, all'uopo ostentata, vieppiù decantata.
sovente, ingmaro, non disdegnava neppure d'abbimarsi con pronagioni inventevoli, privide di significazione ma giovemplici di sonorità appivata, rimevoli e molto ben incontate con lo resto della forma seppur insustanziali.
com'accennavo, ingmaro era un artista, un disegnatore. ello, per lo più, disegnava spinaci. spinaci in foglie, spinaci tritati, spinaci grandi, spinaci piccoli, spinaci freschi, spinaci marci, spinaci bagnati, còlti, spinaci in campi e, talvolta, financo zuppe di spinaci.
egli sarebbe stato felicissimo se la sua arte fosse stata utilizzata sulle buste dei surgelati, tuttavia, accadendo che la nascita sua s'ebbe nell'anno del signore 1573, sfortuna volle che il freezer sarebbe stato inventato solo tre secoli dopo, cagionando la di lui ben nota paupertate. tale anacronistica malaorse, inoltre, fu per ingmaro fonte di incredibile infelicità, et indicibile pena, nonché penuria: ingmaro era povero, povero come solo un pover disegnatore di spinaci può essere.
così, nei momenti di povertà e depressione più acuti, nonché di fame estrema, il buon ingmaro prendeva i fogli di carta più morbidi e delicati, e cominciava a disegnare i migliori spinaci della sua vita: foglie larghe, succose, vivide, invitanti e già bollite. poi li ritagliava e, senza neanche l'abbondanza della colla vinilica (che d'altra pare sarebbe stata inventata da lì ad altri quattro secoli), preparava delle pregevolissime frittate.
la vita di ingmaro, quindi, proseguì in questo modo per molti anni, tra mille disegni e atroci diarree, finché l'imperatore alsaziano di svevia non si accorse di lui. il giullare di corte, mandracchino de' boccacci, infatti, raccontò all'imperatore la storia di quest'artista guascone, sperando di divertire il suo sovrano con le stramberie fritto-linguistche di questo giuovine visionario, ma non ottenne altro che trstezza, curiosità e tristezza. poi di nuovo curiosità. un altro poco di tristezza. infine curiosità.
il tristo imperatore alsaziano, dunque, fece decapitare mandracchino, e poi, incuriosito, si fece portare a corte questo bizzarro guascone.
ingmaro fu accolto in maniera festante, il cuoco di palazzo gli preparò una vera frittata di spinaci, fu lavato, vestito, profumato e - a sera - fu accolto, nientepopòdimenoché, dallo stesso imperatore in persona proprio lui.
durante il loro brevissimo incontro, ingmaro non seppe dire altro se non "non sappia la tua mano sinistra cosa fa la destra", con l'indice sinistro ben alzato. dopo un attimo di silenzio aggiunse: "come disse sergei rachmaninov".
com'è noto, citare un pianista con tre secoli d'anticipo non riesce ad evitare la prigione. ingmaro fu rinchiuso nelle scuderie di corte, ma gli fu lasciata la possibilità di disegnare. così, prigioniero e triste, ingmaro smise di parlare per sempre, ma da quel momento prese a disegnare furiosamente. disegnò il desiderio di libertà, la voglia di evasione e tutti i sogni proibiti del mondo. sebbene nessuno riuscisse a capire il significato di tali disegni, ingmaro fu giustamente giustiziato qualche anno dopo. l'imperatore alsaziano vendette tutti i disegni di ingmaro alla casa d'aste christie's, ben due secoli prima della sua fondazione, dimostrando - in un certo qual modo - che ingmaro, forse che forse non ci aveva poi tutti i torti.

se c'è una cosa che questa triste storia ci insegna, è che deridere citazioni bibliche sulla carità cristiana contravviene alla règia legge numero 713 comma 45 dell'impero italico dello secolo attuale, indi per cui e pertanto questo post non esiste, non è mai esistito né mai esisterà, e pertantovvero non contravviene neanche la dichiarazione di interruzione di attività e vendita del blog quivi pubblicata ieri.

martedì 23 giugno 2009

saluti e baci

per chi non lo sapesse, questo blog è stato acquistato all'asta da anonimo 1, che se l'è aggiudicato per 9.250£, 1kg di mozzarella di bufala campana proveniente da caserta, lo stiraggio di 3 camicie (a maniche lunghe) e un ruoto* di parmigiana di melanzane.
(per le modalità di consegna ci si aggiornerà in privato.)

nel frattempo, prima di consegnare il sito alla nuova gestione, vi saluto con l'ultimo post, controverso, ma che le mie due editor (sì, son diventate due, e no, non vi dico chi sono - o meglio - chi erano, visto il prepensionamento) hanno apprezzato molto.
non so, forse si drogano più e meglio di me. ma giudicate voi stessi.

la donna che guardava l'uomo che guardava passare i treni.

se è vero che dietro ad ogni uomo c'è sempre una grande donna, anche simenon non fa eccezioni. la donna che guardava l'uomo che guardava passare i treni è la storia di gervasa, una piccola-medio-grande borghese che fa l'osservatrice professionista. una sera vede popinga (il protagonista di simenon, ndr) che guarda passare i treni e da allora non riesce più a smettere.
la difficoltà di un libro senza dialoghi, senza avvenimenti, senza trama, perché tutta scritta da quell'altro in quell'altro libro, che, diciamocela tutta, è un'altra cosa.

la donna che guardava l'uomo che guardava passare i treni è un capolavoro mancato, un gioiello di fallibilità mascherato di solitudine e tristezza.
l'anello di congiunzione tra l'impepata e le cozze.

*for not napolitan speaking: teglia, tegame

mercoledì 17 giugno 2009

pezzenti

più di tre giorni e giusto una sola offerta, anonima, di 5.500 lire. (e partivo da una base di 7000) (non ho parole)
coraggio, ché l'asta è aperta fino alla mezzanotte di domenica.

update:
andima offre 8000 lire e una trappista a piacere.
anonimo offre 8.500 lire e 1kg di mozzarelle.
andima offre 9mila lire, una birra trappista a piacere, 1kg di mozzarella-campana-comprata-a-bruxelles e un bicchiere di limoncello di sorrento.
anonimo 2 offre un abbraccio.

venerdì 12 giugno 2009

a.a.a.

vendesi blog poco serio.
discreto numero di lettori,
qualche commento sparso, soprattutto sulle cazzate.
telefonare ore pasti,
no perditempo.

giovedì 11 giugno 2009

internazionalizzescion

il problema principale della traduzione in italiano (come in qualsiasi altra lingua) di un'opera è quello dell'internazionalizzazione. si tratta di rendere i dialoghi dell'opera stessa (sia essa un libro, un film, una poesia o un aeroplano di carta) coerenti con la lingua di destinazione.

il lavoro di traduzione, quindi, va fatto con criterio, cura, ed è frutto di un lunghissimo lavoro anche di ricerca: nel cinema, ad esempio, lo stesso dialogo recitato da due attori diversi potrebbe avere risultati completamente differenti.
ed è a questo proposito, per farvi comprendere le difficoltà che si celano dietro il misteriosissimo mondo del cinema, del doppiaggio e della scelta della voce giusta, che vi regalo le prime stesure di alcuni dialoghi famosissimi, di cui tutti conoscono la versione finale, quella effettivamente utilizzata, ma di cui pochi, forse nessuno, conoscevano il pilota.

1. harry ti presento sally.
in questo film, la voce di sally è di silvia pepitoni. ma, nella prima stesura, la famosissima scena dell'orgasmo aveva un testo lievemente diverso:
sally: "ah! uh! weh! uh! maronn! mamma mia! mamma d''o carmine! uuh! we! we! aaaah! marooooonn!"
ed era stata concepita, in un primo momento, per marisa laurito.

2. guerre stellari - l'impero colpisce ancora.
nella celebre saga di george lucas, luke skywalker e darth vader avevano un carattere diverso, un po' più melodrammatico. tuttavia, i vari taglia e cuci del regista, i problemi di traduzione e alcuni disaccordi su certi diritti di copyright, hanno fatto perdere il lavoro a un altro celebre attore italiano. alla fine, la scelta per dath vader cadde sul grandissimo massimo foschi. ma analizziamo un momento la prima stesura del dialogo seguente:
darth vader: No, Luke: io sono tuo padre!
luke: no!
darth vader: mamma toja se ne more!
luke: nooo!
darth vader: addenocchiate! e vasame 'sti mmane!
in pochi sanno che il dialogo originale era stato scritto per mario merola.

3. blade runner.
non esiste persona che non conosce il monologo finale di roy batty nel capolavoro di ridley scott. e tutti riconoscono il signor burns, sandro iovino, che lo declama rapito da un'ispirazione totale.
la versione pilota è quasi completamente sconosciuta:
roy: cioè, io ho visto certe cose, neh, che proprio cioè voi proprio non ne avete ma proprio veramente idea. cioè cierticcose, no, che proprio, cioè, proprio non vi potete ma proprio nemmeno manco lontanamente immaginare. cioè, tieni presente orione? ahè, 'o lione, ma quale lione. orione, 'e stelle. orione. tu giri a sinistra? ci stanni i bastioni, di orione, e aggio visto cierticcose... ma quali mazze! i bastioni, no i bastoni...
questa versione, la cui registrazione, purtroppo, è andata perduta nell'ultimo incendio di cinecittà, fu incisa dalla viva voce di massimo troisi.

martedì 9 giugno 2009

10 cose di cui mi sono dimenticato

1. non so, l'ho dimenticato
2. ce l'avevo proprio qui, sulla punta della lingua
3. aspè, non mi ricordo
4. com'era? dai, aiutami...
5. di che stavamo parlando?
6. ah, sì. ora che ci penso, però, non ne sono più tanto sicuro
7. ecco, ecco, mi ricordo: no, falso allarme.
8. sarà stato ieri, forse l'altro ieri, non so.
9. questa, sì, dai, questa me la ricordo, ma forse è meglio che non ve la dico.
10. l'ultima da ricordare è sempre la più difficile, però questa me la ricordo, davvero. è come quando ti chiedono i nomi dei sette nani, o dei sette re di roma, o dei sette peccati capitali, ne lasci sempre uno. poi li ridici daccapo, e ti sei ricordato di quello di cui ti eri dimenticato prima, ma nel frattempo ne hai dimenticato un altro. succede sempre così, si sa come vanno a finire queste cose. secondo me è perché si cerca di farlo a mente, perché se li scrivi, i nomi dei sette nani o dei sette re di roma, forse ti viene più facile. sì, dev'essere sicuramente così. mannaggia! tutto questo divagare mi ha fatto dimenticare cosa stavo dicendo. ah, sì, stavo parlando di dieci cose di cui mi sono dimenticato. allora,
1. non so, l'ho dimenticato
2. ce l'avevo proprio qui, sulla punta della lingua...