giovedì 14 maggio 2009

un tram chiamato desiderio

a volte basta un gesto, una parola, un movimento fatto in un certo modo, per essere catalogati come un certo tipo di persona, etichettati e infilati in un reparto stagno della memoria.
diceva qualcuno che non avrai una seconda possibilità per fare una buona prima impressione.
in parte lo condivido, perché una volta che si è entrati nella celletta della memoria con l'etichetta minchione o simpatico o agrimensore, poi è difficile uscirne, chi ti ha catalogato si aspetta sempre che tu dica una minchiata, che tu sia simpatico o che tu tiri fuori di tasca un flessometro da un momento all'altro.
personalmente, mi sforzo di non catalogare le persone dalla primissima azione, proprio perché temo di farmi sopraffare dai pregiudizi.
metti stamattina, ad esempio, prendendo il tram. avrei potuto cedere ai pregiudizi sin dal primo momento, eppure non l'ho fatto.
il tizio che mi precedeva, salendo, indossava una camicetta a fiori, bianchi e rosa. e non ho pensato nulla.
sculettava, vero, ma comunque non ho pensato nulla.
aveva le scarpe da ginnastica a fiorellini, sempre rosa, in coordinato con la camicetta. ancora, non ho pensato nulla.
si è seduto davanti a me, ha incrociato le ginocchia, con grazia ha intrecciato le mani, fatto flap flap con le sopracciglia.
imperterrito, non ho pensato nulla.
leggevo, ogni tanto alzavo lo sguardo e vedevo che mi guardava.
non ho pensato nulla.
poi, parzialmente assorto nella lettura, ho visto con la coda dell'occhio che prendeva il cellulare, e con nonchalance mi scattava una foto.
è stato lì che ho pensato.
ho pensato a quanto devo essere figo.

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