l'uomo senza cappotto aspettava alla stazione centrale, sotto l'orologio senza lancette. aspettava e osservava. guardava la gente passare, chi scendeva le scale per prendere il tram, chi correva per non perdere il treno.
guardava i senzatetto della stazione centrale, seduti sulle panchine o sdraiati in un angolo.
ogni tanto ascoltava, l'uomo senza cappotto, ma non prestava attenzione, preferiva gli odori.
hotdog, cipolle, grasso, sudore, persone, pioggia, acciaio e legno, freni, inverno.
odori famosi, diceva, li riconosceva ogni volta, e anche senza spostarsi dall'orologio senza lancette, sapeva perfettamente da dove venissero.
gli piaceva che gli si incollassero addosso e se li portava a casa come un ricordo, quando tornava a casa dopo una lunga giornata, dopo avere atteso a lungo. in fondo, diceva, non aspettava mai a lungo, anzi. non aspettava affatto, diceva, perché anche senza cappotto, diceva, puoi restare tutto il tempo che vuoi sotto un orologio senza lancette, perché tanto lì sotto, diceva, lì sotto il tempo non passa.
lunedì 16 novembre 2009
una storia che la volevo scrivere in francese, invece poi no.
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