forse il libro che amo di più è i miserabili.
non sto qui a spiegare i perché e i percome, ma è un libro che mi è rimasto dentro, marchiato a fuoco.
uno di quei libri che dopo che li hai letti vorresti ricominciare da capo, perché altrimenti ti lasciano dentro un senso di vuoto che non sai più come riempire.
ad ogni modo, c'è un passo del primo capitolo, in cui s'introduce un vescovo, monsignor myriel, che non è importante ai fini della storia, anzi, probabilmente chi ha letto il libro nemmeno se ne ricorda, ma io ci penso spesso, a monsignor myriel, soprattutto quando guardo la tv.
monsignor myriel era uno un po' libertino, ex nobile, che diventa prete dopo un viaggio in italia, e poi viene fatto vescovo da napoleone in persona grazie (o a causa) di una sua risposta arguta.
e c'è questo passo, nel primo capitolo, in cui si parla delle visite parrocchiali del monsignore:
quella di Digne è una diocesi faticosa; ha pochissime pianure e molte montagne, e manca, come si è visto testé, quasi affatto di strade; vi sono trentadue parrocchie, quarantun vicariati e duecento ottantacinque succursali. una faccenda seria visitare tutto; ma il vescovo ne veniva a capo e andava a piedi, nelle vicinanze immediate, in carretta nella pianura e a dorso di mulo in montagna. [...] un giorno giunse a Senez, che è l'unica città vescovile, a cavallo d'un asino, poiché la sua borsa, affatto all'asciutto in quel momento, non gli aveva permesso un altro equipaggio.non so perché, ma mi viene in mente questo passo ogni volta che vedo le scarpine rosse di prada e la stola d'ermellino di paparazzo.
il sindaco della città andò a riceverlo alla porta del vescovado e lo guardò scendere dall'asino con uno sguardo scandalizzato; alcuni borghesi, intorno a lui, ridevano.
«Signor sindaco e signori,» disse il vescovo, «vedo che cosa vi scandalizza. Voi state pensando che è soverchio orgoglio, per un povero prete, montare quella cavalcatura che fu già di Gesù Cristo; ma v'assicuro che l'ho fatto per necessità e non per vanità.»
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